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Sulla sua divisa da alpino spiccano due medaglie d’argento, appena conquistate ai mondiali di snowboard di Park City, negli Usa. E soprattutto brilla una medaglia d’oro olimpica vinta a Pyeongchang, nella Corea del sud. Sotto la divisa, però, c’è una bella ragazza di 24 anni molto attiva sui social network, che non ha nulla a che vedere con l’immagine classica dell’alpino. Invece del cappello piumato porta di solito un berretto con lo sponsor o il casco da gara.
L’”alpino” Michela Moioli, bergamasca della Valseriana, tuttavia una caratteristica che viene solitamente attribuita al corpo militare cui appartiene ce l’ha: la tenacia. Alla sua prima Olimpiade, a Soci, nel 2014 arriva alla finale della sua specialità, lo snowboard cross, ma durante la gara cade e si rompe il legamento crociato. Un’esperienza che avrebbe abbattuto chiunque. Ma lei soltanto un anno dopo, prima italiana, vince una medaglia ai Mondiali, poi conquista la Coppa del Mondo si specialità e a distanza di quattro anni eccola di nuovo in pista nella finale olimpica. E questa volta vince e non ha smesso di vincere.
“Quando cado mi rialzo”, dice semplicemente. E questa sua capacità di resilienza l’ha portata ad una maggiore attenzione alla cura del proprio corpo d’atleta e alla prevenzione di tutte le possibili “cadute”, perché “ho imparato che è una bella cosa avere cura di noi stessi “. E l’ha portata anche all’ASC di Castelli Calepio, per sottoporsi a un esame di prevenzione oncologica, al quale di solito si rivolgono persone più avanti negli anni.
“Sì, forse è un po’ presto – dice – ma lo consiglierei anche ai giovani. Io poi sono abituata, come atleta, a fare esami medici e, dopo l’infortuni, anche le risonanze magnetiche. E questa mi sembra più importante, perché qui non si tratta soltanto di tornare a gareggiare”.
Eppure gli snowborder sono considerati un po’ gli hippies del “circo bianco”, giovani vivaci nell’abbigliamento e nel comportamento…
“Una volta era così, quando questa specialità è nata e prima che cominciassi – dice Michela – ma adesso siamo come tutti gli altri sciatori: preparazione, allenamento, vita da atleta. Niente alcol e fumo, naturalmente, e alimentazione controllata. Io in questo poi sono fortunata: vengo da una famiglia di agricoltori, che adesso fa coltivazioni biologiche. Sono abituata a mangiare sano e sono convinta che questo mi abbia molto aiutata”.
Qualche rinuncia, per poter girare il mondo a gareggiare?
“Mi piaceva giocare a calcio, adesso non posso perché non posso rischiare di farmi male”.
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