“Sì, forse è un po’ presto – dice – ma lo consiglierei anche ai giovani. Io poi sono abituata, come atleta, a fare esami medici e, dopo l’infortuni, anche le risonanze magnetiche. E questa mi sembra più importante, perché qui non si tratta soltanto di tornare a gareggiare”.
Eppure gli snowborder sono considerati un po’ gli hippies del “circo bianco”, giovani vivaci nell’abbigliamento e nel comportamento…
“Una volta era così, quando questa specialità è nata e prima che cominciassi – dice Michela – ma adesso siamo come tutti gli altri sciatori: preparazione, allenamento, vita da atleta. Niente alcol e fumo, naturalmente, e alimentazione controllata. Io in questo poi sono fortunata: vengo da una famiglia di agricoltori, che adesso fa coltivazioni biologiche. Sono abituata a mangiare sano e sono convinta che questo mi abbia molto aiutata”.
Qualche rinuncia, per poter girare il mondo a gareggiare?
“Mi piaceva giocare a calcio, adesso non posso perché non posso rischiare di farmi male”.