Rivoluzione anti-cancro la “macchina di Star Trek” scova tumori di 3 millimetri
UN NUOVO STRUMENTO, CHE FA UN ESAME NON INVASIVO DELL’INTERO CORPO, È CAPACE DI STANARE MASSE PICCOLISSIME E SILENZIOSE. NON UTILIZZA RADIAZIONI ED È DESTINATO A CHI È SANO. ECCO COME FUNZIONA
Era uno dei sogni più ambiziosi del professor Umberto Veronesi. Avere a disposizione una macchina diagnostica capace, col suo occhio elettronico, di scattare una fotografia minuziosa del corpo umano. Una sorta di “Polaroid evoluta” in grado d’immortalare in un colpo solo i nostri organi interni. Con un preciso obiettivo: scovare un tumore sul nascere. Sembra un’apparecchiatura uscita dal fanta-armamentario medico dei telefilm di Star Trek. E invece il sogno del compianto oncologo è oggi una realtà tangibile. Si chiama Dwb: Diffusion Whole Body. È in pratica una Risonanza magnetica (ci si sdraia su un lettino e si transita attraverso un anello) ma super-specializzata, tecnologicamente “addestrata” per stanare le formazioni tumorali. «Sfrutta una tecnica che rileva i movimenti delle particelle d’acqua tra le cellule», spiega Massimo Bellomi, direttore della Di-visione di Radiologia allo leo, l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. «Se un settore corporeo è ricco di cellule (e un tessuto tumorale di certo lo è), allora le molecole d’acqua risultano “stipate”, intrappolate, e appaiono, nelle immagini elaborate dal computer, nettamente più brillanti rispetto alle zone circostanti».
LA CALAMITA INTELLIGENTE «Tutto ciò avviene senza esporre il paziente a radiazioni e a mezzi di contrasto», interviene Giuseppe Petralia, radiologo dello leo, che ha lavorato alla messa a punto dell’esame. Già, perché questa macchina, come ogni Risonanza magnetica, non “spara” raggi X: è una grossa calamita, ma studiata per fiutare tumori di soli 3-4 millimetri. La sua esperienza sul campo è cresciuta vagliando prima la schiera dei malati oncologici, «per sorvegliare i pazienti ad alto rischio di ricadute e visualizzare eventuali metastasi», spiega Bellomi. E dopo sette anni di “palestra” all’interno dello Ieo, il grande salto, pensato per la popolazione generale: sfruttare le performance del dispositivo anche perla diagnosi precoce negli individui sani. Perché si sa: più il “nemico” è piccolo, maggiori sono le chance di annientarlo.
UN NUOVO CENTRO DIAGNOSTICO
Ed eccoci a oggi: grazie a una cordata di imprenditori, la Dwb è ora disponibile presso un Centro diagnostico privato. Si chiama Asc, Advanced Screening Centers, e ha appena aperto i battenti a Castelli Calepio, in provincia di Bergamo. La persona che desidera sottoporsi all’esame (che costa 1.000 euro; 200 per i meno abbienti, con l’istituzione di una lista d’attesa) potrà poi contare, risultati alla mano, sulla supervisione di un team di specialisti dello stesso Ieo. Domanda: ma quest’esame sostituisce in qualche modo gli altri tradizionali test per la prevenzione oncologica? Mammografia, Pap-test, colonscopia, controlli della prostata… Con la Dwb, in pratica, è come effettuarli tutti in una volta? «No, nient’affatto», risponde Bellomi. «L’importanza dei classici screening oncologici offerti dalla Sanità pubblica non si tocca. Diciamo piuttosto che adesso esiste l’opportunità di affiancarli con una sofisticata strumentazione diagnostica che va a sondare anche le restanti aree corporee, come fegato, ossa e pancreas».
UNA SCIENZA ANCORA GIOVANE
Parliamo di un’intrigante pagina della lotta anticancro. Giovanissima: sono ancora pochi gli studi sulle riviste scientifiche che affrontano l’applicazione della Dwb sui soggetti sani. Dice Petralia: «Si tratta di un ulteriore passo avanti nella diffusione della prevenzione oncologica: cavalcare l’enorme potenziale di questa Risonanza magnetica altamente specializzata per evidenziare lesioni di piccole dimensioni in chi sta sostanzialmente bene». Rischio di «falsi positivi», cioè che si evidenzino “ombre” in realtà innocenti? «Nella nostra esperienza allo Ieo, la percentuale è bassissima: inferiore al 10 per cento».
Il GRANDE ALPINISTA SIMONE «ANCH’IO L’HO PROVATA»
«La prevenzione serve a valutare i rischi. Ed è esattamente ciò che fa l’alpinista quando si prepara in vista di qualche ascensione». Una similitudine perfetta e calzante. Sono le parole di Simone Moro, 49, alpinista eccelso, l’unico ad avere raggiunto quattro cime di 8 mila metri in piena stagione invernale. Sarà per questa sensibilità innata che Moro (nella foto con il dottor Giuseppe Petralia) ha voluto vestire i panni del testimonial del Centro Asc di Castelli Calepio e sottoporsi alla Diffusion Whole Body (è lui il paziente disteso sul lettino della macchina nella foto in alto). «In realtà, non mi è mai piaciuto fare l’alpinista soltanto ai fini dell’impresa sportiva in sé e per sé: ho sempre cercato di essere attento a educare attraverso la mia esperienza, a pensare anche ai problemi sociali. E adesso è bello poter fornire il mio contributo a un’impresa che tocca tante persone, essere testimone di un’iniziativa che punta alla salute». Un bene, la salute, che per Moro è assai prezioso: «Non fumo. Non mi sono mai ubriacato. Mangio sano. Insomma, per il momento mi sono comportato bene. Ma lo so: non sempre è sufficiente».
Testata: OGGI sezione BENESSERE
Autore: Edoardo Rosati